Storia dell’Helvetica, il font che ha rivoluzionato la comunicazione

L’Helvetica ci circonda. Lo vediamo ogni giorno, sui cartelli stradali, sui logotipi e sui siti web, sugli scaffali del supermercato. La sua storia è molto interessante, a partire dal fatto che si sarebbe dovuto chiamare Neue Haas Grotesk.

Con la sua personalità asettica ed essenziale, Helvetica evoca la classe degli anni ’60 e il linguaggio della pubblicità di quel periodo. Questa font ha 5 caratteristiche distintive: è neutrale, pulita, leggibile, versatile. E soprattutto è sempre aperta alle interpretazioni del contesto. Per questo è terribilmente usato dai designer e dai grandi brand di tutto il mondo.

Ma da dove nasce questo culto che divide i designer che si scannano ancora oggi nella sfida dicotomica di “senza tempo” versus “banale”? Riepiloghiamo i momenti salienti che segnano le tappe della storia dell’Helvetica.

Un po’ di storia

Siamo nel 1800 e un anonimo designer realizza un carattere senza grazie chiamato Grotesk.
Il Grotesk fu riprodotto dai progettisti del diciannovesimo secolo che iniziano a usare questi caratteri impattanti e robusti per le scritte delle insegne informative.
Nel 1986 nasce l’Akzindenz Grotesk, uno dei primi lowercase, che si fa subito notare perchè delicato e leggibile, prodotto in 4 diversi “spessori”, chiamati pesi.

Un bel giorno il boss della fonderia Haas decide che quel font così naturale, l’Akzindenz Grotesk ha bisogno di essere rilavorato per il nuovo secolo. E così nel 1956 Edouard Hoffmann, il capo della Haas Type Foundry, incarica il freelance Max Miedinger di ideare un set di caratteri senza grazie per una nuova linea tipografica.

Akzidenz Grotesk in a Volkswagen Ad (1961)
Neue Haas Grotesk (as Helvetica) in a Coca-Cola Ad (1969–74)

Max Miedinger disegna questo nuovo carattere in un anno. Appena nato, nel 1957, il carattere si sarebbe dovuto chiamare Neue Haas Grotesk. Ma nel 1960 venne ribattezzato Helvetica (derivato da Helvetia, Svizzera in latino) per dargli un twist sul mercato internazionale. Il nome è pensato proprio per evocare l’avanguardia della Swiss Technology, fenomeno super cool per l’epoca: le agenzie e i designer di tutto il mondo vedevano l’Helvetica come la font che rifletteva le tendenze industriali del tempo. L’idea stessa di progettare un carattere come Helvetica andava verso una cruciale espressione -idealizzata- del modernismo.

Nel 1957 furono rilasciati tre typefaces, tutti progettati alla stessa maniera neo-grotesqu: Neue Haas Grotesk di Eduard Hoffmann e Max Miedinger, Univers di Adrian Frutiger, e il Folio di Konrad F. Bauer e Walter Baum.

Una tavola dello specimen dell’Helvetica di Max Miedinger

 

Quando la tedesca Linotype introdusse sul mercato la serie completa, nel ’61 l’esplosione fu planetaria: introdotto negli anni della rivoluzione del lettering, fu scelto dalle grandi agenzie pubblicitarie ansiose di sfoggiarlo con i loro migliori clienti; fu così che in poco tempo l’Helvetica iniziò a comparire nei corporate brand, nella segnaletica, nelle stampe d’arte, nelle clip video ed in altri innumerevoli campi della comunicazione visiva. Forte di questo successo Linotype ha poi pubblicato Helvetica Neue nel 1983, con pesi indicati da due cifre, ab, dove a va da 2 a 9 (ultra chiaro a nero), e b da 3 a 7 (esteso a condensato) — esempio: 75 è Bold Regular . Nel 1983 furono prodotti in totale 51 pesi.
La versione di Helvetica di URW, gratuita con il pacchetto di font Ghostscript, è Nimbus Sans (1987).

A consacrare definitivamente l’Helvetica come il font più figo di tutti i tempi arriva Apple, che nel 1984 lo include tra i caratteri di sistema Macintosh, permettendome la diffusione anche nel versante della grafica digitale. Tutt’altra storia invece per la Microsoft, che per i suoi pc sceglie Arial, il fratello minore di Helvetica costato molto meno a Bill Gates e soci.

Ma perché Helvetica è così popolare? Come mai un carattere così poco appariscente è diventato parte della nostra vita quotidiana, e addirittura della nostra cultura?

 

Helvetica era innovativa perchè intendeva intendeva il Design come la comunicazione obiettiva di un’idea, e non come un’espressione artistica. Nel dicembre 1989 fu l’intuizione di Massimo Vignelli a far si che l’Helvetica divenne il carattere tipografico ufficiale per la segnaletica della città di New York. Dalla metropolitana ai treni, dai cartelli stradali alle mappe della città, vincendo la sfida contro l’allora preferito Akzidenz Grotesk.

Quello spazio negativo che sta bene con tutto

Tenicamente Helvetica è un sans serif gotico. E’ un carattere con molte particolarità: Helvetica ha tanto spazio negativo (il bianco) che circonda le lettere quanto quello delle linee che compongono i caratteri. Lo spazio negativo contenute all’interno della “a” minuscola assomiglia molto a una lacrima. I caratteri Helvetica si sviluppano sempre in verticale o orizzontale, ma mai in diagonale.

Morale della favola, Helvetica ha una personalità decisa: fa bella figura da solo, e non intacca la fotografia ne l’illustrazione se usato in compagnia. Helvetica significa successo garantito, sia con i clienti che con il pubblico ed è forse per questo che ha finito per essere la scelta di default per qualsiasi grafico indeciso.

La font Helvetica è oggetto di un famoso documentario, parecchi libri ne raccontano la storia che è stata persino celebrata dal MOMA di New York e ha ricevuto numerosi riconoscimenti in tutto il mondo.

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